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Domenica 15 ottobre a Campogaliano, Giulio Calanca, ad un certo punto della funzione di insediamento di Don Giorgio, dà voce ad alcuni pensieri che sono vivi nelle menti di tutti, in questi momenti:

Carissimo Don Giorgio,

ora è ufficiale, non sei più il nostro parroco, non sei più la nostra guida, non abiti più tra noi.

Abbiamo trascorso insieme 19 anni, un tempo che detto così sembra davvero vastissimo, anche se poi alla fine, guardandosi alle spalle, è quasi volato.

Per le nostre comunità di San Felice, San Biagio e Rivara è parso davvero strano e improvviso l’annuncio del tuo trasferimento, così come i tempi ristretti che ci sono stati lasciati per il distacco, il dover pensare a dei momenti di saluto, come farli e dove; cosa dire, con che gesti lasciarci. Non che negli anni non abbiamo avuto l’occasione di salutare altre persone a noi care come i tanti cappellani e le tante suore che si sono avvicendati al nostro servizio, e di trovarci quindi in situazioni simili nel trattenere le emozioni. Ma, come mi hanno fatto notare quelli di San Felice, è da tempi immemori che eravamo abituati a salutare il parroco, scusami se lo diciamo… direttamente al cimitero! …Forse allora è davvero meglio salutarci qui!  ..................... segue...............

 

 

19 anni, migliaia di giorni, e tante domande che ci affollano la mente tra le quali la più ricorrente: perché hai deciso di lasciarci? Ovvio, per ubbidienza al Vescovo ma anche alla tua vocazione, un tipo di obbedienza che noi spesso facciamo fatica ad accettare subito, forse perché dimentichiamo facilmente che l’unica strada che conduce al Padre è sempre in salita, una via di rinunce sì, ma anche di doni grandi e abbondanti.

Tu sei stato un grande dono. E anche se, lo immaginiamo, a queste parole vorresti subito alzarti e tentare di minimizzare, lo ribadiamo: un grande dono, per le tantissime anime che hai incontrato in questi anni, per tutte le persone che hanno cercato un conforto e l’hanno trovato in te; per gli immancabili consigli fraterni e paterni sempre disponibili. Diverse volte poi, ti abbiamo visto influenzato e febbricitante in alcune celebrazioni o attività: in questo ci è sempre parso di vedere, nonostante la preoccupazione per la tua salute, uno splendido esempio di dedizione verso di noi, che difficilmente abbiamo sperimentato altre volte. Una vita completamente spesa al nostro servizio, una presenza discreta ma tangibile alle nostre attività, un faro che ora viene qua, nelle vostre parrocchie di Campogalliano e Saliceto Buzzalino, a illuminare e il cammino verso la conversione dei cuori.

Mi vengono in mente alcuni momenti dove trovandoci in situazioni particolari, come veglie diocesane, martedì del Vescovo, ritiri per giovani in giro per la diocesi, ci veniva chiesto di quale parrocchia fossimo e noi rispondevamo: “San Felice” e subito ci veniva detto: “Ah, avete Don Giorgio Palmieri? Un sant’uomo!”. Stessa cosa quando da giovani, chiedevamo ai seminaristi, che si sono succeduti in parrocchia nel loro cammino verso il sacerdozio, come ti considerassero, loro che hanno sperimentato con te una vita più intima e familiare, in canonica: “Un sant’uomo!, una grande guida!, un vero prete!, spero in futuro di poter diventare così!”. Quando ho chiesto di scrivere qualche cosa da leggere oggi, mi è stata “bonariamente” consigliata, la sobrietà delle parole; ma non so veramente come si possa semplificare, descrivendole, certe qualità se non con i termini esatti, parole che non sono solo di circostanza, ma sono frutto di esperienze raccolte da tanti, negli anni, pensieri che non si possono smentire. Non raccontiamo il falso, anche se voi che ascoltate dovete giustamente ancora costruirvi un’idea del vostro nuovo parroco Don Giorgio, e magari, ce lo auguriamo, arrivare ad amarlo più di quanto abbiamo saputo fare noi.

Sintetizzando il pensiero di tanti, così come riletto dal nostro Diacono Anselmo, la qualità più grande che abbiamo sperimentato in te, Don, è la tua carità, così come intesa nelle parole di San Paolo nella prima lettera ai Corinzi: l’amore che guida al buon uso dei carismi e che sovrasta le altre virtù. Siccome il concetto di carità-amore non ci è sempre semplice ed immediato da capire, e soprattutto, ricordare e mettere in pratica, prendiamo in prestito alcune parole di Papa Francesco nell’omelia per il concistoro del 2015: “[…] la carità, dono di Dio, cresce dove ci sono umiltà e tenerezza. […] san Paolo ci dice che la carità è «magnanima» e «benevola». […] Magnanimità è […] saper amare senza confini, ma nello stesso tempo fedeli alle situazioni particolari e con gesti concreti. Amare ciò che è grande senza trascurare ciò che è piccolo […] Benevolenza è l’intenzione ferma e costante di volere il bene sempre e per tutti, anche per quelli che non ci vogliono bene. […] Infine, la carità «tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta». […] ci permette di vivere così, di essere così: persone capaci di perdonare sempre; di dare sempre fiducia, perché piene di fede in Dio; capaci di infondere sempre speranza, perché piene di speranza in Dio; persone che sanno sopportare con pazienza ogni situazione e ogni fratello e sorella […].

Forse in questo momento sarai un po’ arrossito Don Giorgio, pensando che parliamo di te quando elenchiamo queste peculiarità: io, nel tempo, ne ho sperimentata più di una, come quando ad esempio anni fa sono stato accolto senza esami o interviste di sorta, in un campeggio estivo come aiutante, pur senza averne né titoli, né qualità, né tanto meno formazione adeguata. E così hai fatto con tanti altri: ci hai invitati al servizio della parrocchia, al servizio verso i fratelli e quindi verso Dio. Ci hai dato la tua fiducia in ogni occasione, in ogni compito e attività; ci hai sempre smisuratamente ringraziati per ogni servizio piccolo o grande svolto, ricordandoti di tutti, anche degli “operai” dell’ultima ora: non sempre abbiamo saputo incontrare le tue aspettative e in più occasioni abbiamo trovato motivi di divisione tra noi e qualche volta anche disaccordo con te. Tu però ci hai sempre voluto bene e mai ci hai mostrato insofferenza anche quando palesemente ti abbiamo ferito, con le parole e con i modi. In ritardo, ti chiediamo profondamente scusa. Abbiamo poi forse perso un’occasione straordinaria di conversione personale dopo il terremoto del 2012: per qualche mese abbiamo sperimentato la gioia della condivisione, la bellezza dell’incontro anche coi vicini di casa spesso neanche conosciuti, la riscoperta di valori essenziali e di quelle piccole cose, parole, gesti, preghiere che danno significato alla vita. Poi le preoccupazioni materiali e la volontà di voler tornare il più in fretta possibile alla “vita di prima” hanno pesantemente annacquato se non cancellato questa nuova prospettiva di vita cristiana. Sappiamo in questo di averti in qualche modo deluso, riascoltando una tua intervista concessa a Telepace nel 2014 (facilmente ricercabile su Youtube).

Nel tempo che ci è stato concesso assieme si sono succeduti tantissimi avvenimenti ed è cambiato parecchio ogni ambito della nostra vita, non sempre in meglio: la crisi economica ormai ultra-decennale ha veramente acuito il divario tra chi sta troppo bene e chi invece è sprofondato in una miseria senza limiti, che produce povertà estrema e stati depressivi preoccupanti. In queste situazioni drammatiche tu, Don, non hai mai ceduto anche se il peso da sopportare si è fatto via via più gravoso: hai profuso speranza, hai dato consigli, hai attinto dalle tue risorse e dalle tue tasche per non lascare indietro nessuno, per non dimenticare nessuno. Di positivo, invece, troviamo come la chiesa diocesana nel frattempo si è aperta ad uno dei frutti del concilio Vaticano II, ovvero l’avvio alla corresponsabilità nel servizio alle parrocchie dei laici, nei ministeri istituiti di lettorato e accolitato e dei diaconi consacrati. Negli lunghi anni della tua presenza abbiamo visto l’istituzione di tutte queste ormai indispensabili figure; abbiamo vissuto la nascita (o rinascita) di alcuni dei tanti gruppi che donano ricchezza alle nostre comunità, come gli scout ed il gruppo famiglie; abbiamo sperimentato nuove forme di evangelizzazione come il catechismo coi genitori, le Messe all’aperto, il Vangelo in piazza, la preghiera davanti le scuole.

Di tutto questo rimane una costante. Quando sabato scorso abbiamo vissuto un ultimo momento comunitario con una grande cena in tuo onore e abbiamo proiettato una serie di fotografie che ci ritraevano assieme dal settembre del 1998 ad oggi, non abbiamo potuto fare altro che rilassarci e aprire il cuore vedendo, in quasi tutte le foto, il tuo sorriso puro ed onesto, non costruito come in una posa: è la naturalezza del tuo essere, il gioire semplice del momento, sempre, per le cose belle che accadono o per la presenza di qualunque fratello e sorella.

Ora, anche se non ce l’hai mai detto, sappiamo che ti dispiace e non poco lasciarci: eh, sì, abbiamo i nostri informatori e informatrici, tra cui una estremamente commossa qui in prima fila! Ma immaginiamo anche la tua grande voglia di ripartenza, in questa nuova realtà, così come traspare dalle parole che ci hai lasciato scritte nell’ultimo bollettino parrocchiale: “un’opportunità per rivisitare e dare nuova linfa alle motivazioni che mi sostengono; una ventata di aria nuova per le ‘nostre’ comunità di San Felice, San Biagio e Rivara”.

Siamo davvero felici e grati al buon Dio ad averti avuto come guida, e così a lungo; siamo ancora più fortunati perché la misericordia del Signore non ci ha fatto mancare nemmeno questa volta la presenza di un’altra guida, Don Filippo Serafini, che la settimana prossima si presenterà solennemente a noi, né tanto meno la necessaria e proficua assistenza da un anno e più del vice parroco Don Marek, come pure quella del giovane Diacono Davide, giusto ieri sera, fresco di consacrazione in duomo a Modena.

Don Giorgio: tanti auguri di buon cammino! Se mi permetti, vorrei concludere con un gesto che mi accorgo di non aver mai fatto in 19 anni e che, se i miei compaesani lo consentono, lo faccio con profonda gratitudine anche a nome loro… (un abbraccio).

 

Campogalliano, 15 ottobre 2017

 
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